Gli ingredienti per un discorso che qualcuno potrebbe definire populista ci sono tutti. Ci sono la periferia, la giovane età di quasi tutti i partecipanti al progetto, la scarsità di mezzi perfettamente bilanciati dall’entusiasmo e dalla voglia di vincere una sfida, di dimostrare, non al mondo ma a se stessi, che quando la voglia di fare prevale sulla voglia di piangersi addosso non ci sono limiti che non si possano superare. Come se tutto ciò non bastasse, c’è anche una mescolanza di etnie particolarmente stimolante (sia in scena che in platea).
Ma va detto anche che la sorpresa è costituita principalmente dalla presenza di un numero insolito di giovani spettatori (amici, parenti, fan dei giovani che si esibiscono sul palco? poco importa), che forse per la prima volta si cimentano nell’ascolto di un’opera lirica che, in questo caso, fatti salvi tutti gli ingredienti di uno spettacolo moderno e ottimamente costruito, è sostenuto semplicemente da un trio d’archi e un pianoforte. Tutto si poteva immaginare, ma che si potesse realizzare uno spettacolo lirico in versione “low cost”, come qualcuno l’ha definito, ancora non l’avevamo sperimentato. Ed è stata, lo diciamo subito, una lieta e piacevole sorpresa.
E’ noto però che questi eventi non germogliano per caso: il Rosetum è nato con l’imprinting del melodramma visto che la madrina dell’inaugurazione del Teatro è stata, il 22 dicembre 1957, la divina Maria Callas, che all’epoca abitava al numero 40 di via Buonarroti, non lontano da via Pisanello dove si trova il Centro culturale. Un servizio fotografico ci mostra la bellissima ed elegantissima diva in pelliccia mentre si accinge a tagliare il nastro inaugurale accanto a Padre Vittricio Mabellini, fondatore del Rosetum. In seguito l’attività lirica del Teatro si è arricchita di nuove testimonianze: è stata sede del Concorso Magda Olivero e ha visto il debutto di due star del firmamento della lirica, Tiziana Fabbricini e José Cura.
Ma dal percorso che conduce, per sentieri nascosti, il Rosetum a ricongiungersi al melodramma non sono neppure escluse sottili ed emblematiche parentele: padre Marco Finca, attuale direttore artistico del Centro e melomane fin dalla più tenera età grazie al nonno materno, è infatti cugino di Barbara Frittoli.
Ora di fronte a queste premesse, l’incontro tra l’Associazione VoceAllOpera (fondata e guidata dal presidente e direttore artistico Gianmaria Aliverta, regista delle opere in programma), nata a Nebbiuno, sull’Alto Vergante del Lago Maggiore, e il Rosetum era inevitabile.
A favorire infine e a sostenere l’iniziativa è intervenuta una delle figure più attive nel mondo della musica a Milano, Maria Grazia Morosini, che ha voluto così ricordare la recente scomparsa del figlio Francesco Bonelli Scarampo.
Dopo Il barbiere di Siviglia, i prossimi appuntamenti prevedono la Bohème (sabato 22 e domenica 23 marzo), un Recital di canto del tenore Maxim Mironov (sabato 5 aprile) e l’Elisir d’amore (sabato 17 e domenica 18 maggio).
Il Barbiere si è avvalso, per le scene, dell’apporto della Cooperativa Legnamèe, che opera all’interno del carcere di Monza, realizzate con perizia degna di nota da Claudia Brambilla, diplomata a Brera e partecipe del team dei giovani vincitori del bando del Regio di Torino per le scene del Rigoletto.
Così ci viene ancora una volta impartita la lezione che basta una scena in stile Ikea, che ci si può accontentare di un ensemble ridotto ai minimi termini per riportare in scena un Barbiere pieno di trovate e di divertenti personaggi che ammiccano alla vita di oggi, proponendo un Don Basilio (alias Renato Zero) e un Don Bartolo, pieno di tic e disposto ancora una volta a farsi “imposturar” dalla abilissima Rosina. La replica di domenica, alla quale abbiamo assistito, vedeva in scena Sangkyu Lee (Conte d’Almaviva), Fabio Midolo (Bartolo), Jisu Sohn (Rosina), Matteo Jin (Figaro), Francesco Ellero D’Artegna (Basilio), Simona Di Capua (Berta). Dirigeva, con ottimi risultati, il maestro Alessandro Arnoldo. Bravi tutti e un invito a continuare.
Gaetano Santangelo su Amadeus