Lo scorso anno ricorreva il bicentenario della morte di Giovanni Paisiello, grande operista, altissimo esponente della scuola napoletana conteso a suon di denari fra il Regno di Napoli e le più importanti corti europee. Un autentico numero uno oggi bistrattato in maniera indegna dalle principali istituzioni del Belpaese a partire da chi dovrebbe occuparsi di mantenere in condizioni, quantomeno decorose, la sua casa Natale di Taranto. Pensate che nel 2016 il San Carlo di Napoli, il Festival della Valle d’Itria e il Festival Paisiello di Taranto sono state fra le poche realtà musicali che si sono sentite in dovere di mettere in scena un lavoro del grande compositore tarantino.

La clamorosa “dimenticanza” di Milano verso Paisiello è stata colmata con passione ed entusiasmo dall’Associazione VoceAllOpera che, il 15 e 16 febbraio, ha inaugurato la propria stagione 2017 mettendo in scena Il barbiere di Siviglia presso Spazio Teatro 89, un vivace locale posto in zona S.Siro che normalmente ospita musica “leggera” d’autore e spettacoli di prosa.

La sala non è enorme (poco meno di 300 posti a sedere) ma consente di raccogliere e posizionare l’orchestrina d’una decina di elementi, nell’angolo in basso a sinistra del palcoscenico; gli strumentisti sono tutti giovani bravissimi ed il suono che fuoriesce dalla loro formazione è omogeneo, morbido, compatto e del tutto adeguato nei colori e nei volumi all’opera messa in scena nonché alle dimensioni della sala che li ospita. A dirigerli con piglio energico il giovane Ferdinando Sulla il quale, staccando tempi per lo più brillanti ha accompagnato – talvolta trascinato – gli artisti assecondando la vivace teatralità richiesta dalla regia. Particolarmente deliziosa la resa sonora dell’orchestra durante la raffinatissima ouverture interpretata con grande cura dei colori e delle dinamiche; davvero complimenti.

Bravissimo anche il pianista Fabio Maggio autore degli accompagnamenti ai recitativi e prezioso suggeritore capace di adeguarsi al divertente clima del concertato finale indossando una cuffietta provvista di due cuoricini verdi sballonzolanti sulla testa.

Gianmaria Aliverta, regista e deus ex machina di VoceAllOpera, è un giovane adulto con il fanciullino di pascoliana memoria ben vivo, vegeto e vivace dentro sé. Ed è proprio la voglia di divertirsi inventandosi i propri giochi, con quella fantasia che spesso hanno solamente i bambini, ad aver fatto sino ad oggi la differenza. Nelle sue regie del repertorio operistico buffo (Elisir, i due Barbieri di Rossini e Paisiello) è evidente in primis la voglia di divertirsi e questa è una caratteristica contagiosa: si divertono palesemente gli artisti e di conseguenza se la spassa allegramente il pubblico.

In questa occasione, per la solita ragione dei pochi mezzi economici a disposizione le scene erano inesistenti; tuttavia il minuzioso lavoro fatto da Aliverta con i cantanti – ed anche la loro bravura nell’assecondarlo – ha fatto si che tutti si muovessero con grande fluidità e sicurezza offrendo una resa di notevole livello.
In scena solamente una scala con le ruote, sul genere di quelle che si trovavano una volta in alcune biblioteche, dipinta di rosa ed avente l’importantissima funzione di accesso alla casa di Bartolo e soprattutto alla stanza di Rosina, un baule contenente gli accessori di Figaro e poi, trascinato da Bartolo con una corda, un lettino da bambino anni ’60 contenente rannicchiato il simpatico “svegliato” interpretato da Gabriele Faccialà (poi anche nel ruolo del notaro). Null’altro, eppure la convinzione con cui si sono mossi tutti gli interpreti, la loro caratterizzazione e la simpatia di alcune scene non ci ha fatto mancare nulla.

Particolarmente buono anche il livello dei cantanti.

Carlo Checchi è stato bravo nel tratteggiare con disinvoltura e vivacità il ruolo di Figaro evidenziando una voce impostata bene, seppure non enorme e migliorabile sotto l’aspetto della dizione.

Graziana Palazzo nel ruolo di Rosina, nonostante l’indisposizione annunciata prima dell’inizio della recita, ha evidenziato una resa vocale sufficiente ma soprattutto ha mostrato una notevole bravura scenica e interpretativa con la quale ha ben tratteggiato le varie sfaccettature del personaggio; in particolar modo, nel secondo atto, è stata brava a trasformarsi da ragazzina capricciosa e civettuola a donna sensualissima nel duetto con Almaviva, in quel frangente sotto le mentite spoglie di don Alonso.

Vocalità ricca, sonora e timbricamente piuttosto chiara, sostanzialmente da baritono lirico, affiancata ad una tecnica di emissione già sufficientemente solida e sostenuta da una importante fisicità gestita con disinvoltura sono le interessanti peculiarità che hanno consentito a Luca Simonetti di impersonare un Bartolo burbero, energico e credibilissimo.

Scenicamente irresistibile il don Basilio di Luca Vianello, in versione cantante rock, il quale dotato di tuba e occhialini evidenzia al massimo il voluto riferimento a Zucchero, ma mostra anche buone qualità vocali.

Bella voce sonora, uniforme e ben proiettata quella mostrata dal fisicamente prestante Almaviva interpretato dal tenore spagnolo Néstor Lòsan. Peccato solo che nell’unico momento in cui la partitura gli richieda una salita un po’ più decisa verso l’acuto questa risulti un po’ avventurosa. Aliverta riserva a Losan l’idea registica probabilmente più spassosa e geniale di tutta la recita ossia don Alonso che sulle parole “pace e gioia” entra in scena vestito da maestro di yoga e tai chi che con fare molto zen distribuisce i tappetini su cui inginocchiarsi e fare ginnastica.

Molto bene ha figurato anche Maurizio De Valerio, divertentissimo scenicamente, nei ruoli del giovinotto e dell’alcade.

Un’ora e tre quarti di spettacolo sono letteralmente volati fra il divertimento di tutti i presenti.

Prossimo appuntamento della stagione di VoceAllOpera sarà sempre presso Spazio Teatro 89 per le due recite di Madama Butterfly che si terranno il 22 e 23 marzo.

Danilo Boaretto su Operaclick

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