Nella Mirandolina di Bohuslav Martinů rimane ben poco dell’originale goldoniano; nel lavoro del compositore boemo La locandiera, con la sua introspezione sulla misoginia e sul tormentato rapporto tra sessi, resta decisamente un mero pretesto.
La vicenda è quella, così come i personaggi, che però vengono trattati più come caratteri dellaCommedia dell’Arte che non come persone reali. Il libretto, che il compositore stesso elaborò in lingua italiana, è di fatto debolissimo, tanto da sembrare non più di una giustapposizione di frasi e battute tratte dal capolavoro del Goldoni. Altro discorso è  la musica che, orecchiabile solo in apparenza, poggia invece su pilastri armonici e contrappuntistici di assoluta complessità; il canto procede in maniera autonoma rispetto all’orchestra, chiamata a scarti ritmici sorprendenti e ad impasti sonori inaspettati, e si caratterizza per una costante inclinazione al declamato.


L’omaggio al teatro musicale del Settecento è palpabile e corre lieve nello svolgersi dell’intera opera: tempi di minuetto, gavottine, concertati leggeri, piccole fughe, il tutto rielaborato a renderli moderni, sono l’ossatura, di un lavoro forse non perfetto, a tratti anche un po’ autocompiaciuto ma comunque assai godibile.
Probabilmente neppure lo stesso Martinů immaginò la sua Mirandolina in abiti settecenteschi, troppo stretti sia per l’epoca di composizione dell’opera che per la natura stessa della musica, lontana anni luce da qualsiasi velleità neoclassica.
Gianmaria Aliverta, che di produzione in produzione si va confermando come uno dei più interessanti tra i giovani talenti della regia, sposta l’azione ai giorni nostri, facendone una sorta di omaggio allaCommedia all’italiana un po’ greve dei film di Natale, quelli di Corbucci o dei fratelli Vanzina, per intenderci. La locanda di Mirandolina diventa dunque, grazie anche alla scena agile e funzionalissima di Massimo Checchetto, un albergo con annesso centro benessere ove il conte d’Albafiorita diviene un romano arricchito e buzzurro, mentre il Marchese di Forlimpopoli veste i panni dicumènda lombardo, entrambi maschere della nuova Commedia dell’Arte. Divertente la caratterizzazione delle due guitte, Ortensia e Dejanira, che si fingono nobildonne, qui in veste di borgatare coatte e sguaiate. Aliverta, giustamente, riconosce il rango di personaggio vero a Mirandolina, donna volitiva ed al contempo fragile, al Cavaliere di Ripafratta, misogino conquistato e tradito, e a Fabrizio che, di fatto tira le fila dell’intera vicenda. Azzeccati i costumi, volutamente tamarri, disegnati da Carlos Tieppo. Uno spettacolo godibile, sapientemente sopra le righe, tra porte sbattute e movimenti esagerati, che rispetta la partitura ed al contempo la avvicina al pubblico.
Convince del tutto anche l’esecuzione musicale.
John Axlerod, bacchetta raffinata, coglie pienamente la vena vagamente isterica della partitura e la rende con grande ricchezza di colori, complice un’orchestra puntualissima, e bella varietà nelle dinamiche e nelle soluzioni ritmiche, senza trascurare gli spunti lirici, il tutto in grande sintonia col palcoscenico.
La Mirandolina disegnata da Silvia Frigato si distingue per una linea di canto cristallina sulla quale si imposta una caratterizzazione del personaggio modellata su di un fraseggio pungente e mai banale. Belli i centri e facili gli acuti.
Ottimo il tormentato Cavaliere di Ripafratta di Omar Montanari, perentorio negli accenti, fascinoso nei colori, perfettamente misurato nel gesto scenico.
Perfettamente a suo agio nel ruolo di Fabrizio ci sembra Leonardo Cortellazzi, che canta assai bene e altrettanto bene recita.
Irresistibili il Conte d’Albafiorita di Marcello Nardis, che sfrutta al meglio la sua innata teatralità, e il Marchese di Forlimpopoli, perfetto nella caratterizzazione, di Bruno Taddia.
Brave e divertenti Giulia Dalla Peruta, Ortensia, e Laura Verrecchia, Dejanira.
Un applauso, infine, va a Cristian Collia, che dà voce e corpo all’iperagitato e sudatissimo Servitore del Cavaliere.

Teatro purtroppo non esaurito, ma pronto a tributare il meritato successo ad una produzione del tutto riuscita con applausi prolungate e numerose chiamate al proscenio per tutti.

(La recensione si riferisce alla recita del 1 luglio 2016)

Alessandro Cammarano su OperaClick

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