Il diario di uno scomparso di Janacek (1919), uno dei lavori più affascinanti del grande musicista cèco, contiene già in sé qualche abbozzo di regìa pur senza scavalcare la sua natura concertistica: infatti, il diario di un giovane contadino che abbandona famiglia e fidanzata per seguire una zingara che lo ha soggiogato con la sua sensualità, è affidato alla voce di un tenore narrante, più il breve intervento di un contralto e di tre voci femminili fuori campo, il tutto sostenuto dal suono spoglio di un piano: musica da camera, quindi.
Ma la Fenice al teatro Malibran ha tentato il nuovissimo esperimento di una teatralizzazione completa dell’opera, abbinata a La voce umana di Pou- lenc, affidandola al regista Gianmaria Aliverta: che è riuscito a dar vita a un teatro da camera di forte presa visiva senza menomare l’eccezionale concentrazione emotiva di questa musica; non c’è l’ambiente rustico contadino, solo un anonimo salotto nelle lineari scene di Massimo Checchetto, ma la spinta erotica non ne esce diminuita, anzi; specie nella scena culminante della seduzione, con quel candido lenzuolo, come le ali di una farfalla, che avvolge gli amanti facendoli sparire agli occhi del mondo. Bravi gli interpreti Leonardo Cortei- lazzi, Angela Nicoli e il mimo Francesco Bortolozzo; bravissimo Claudio Marino Moretti al
pianoforte. Nella Voce umana, con l’orchestra diretta da Francesco Lanzillotta, protagonista di eccezionale bravura Angeles Blancas Gulin, con la sua gamma di declamazione, sussurri, impeti di canto spiegato; sollecitando i testi, il regista ha trovato anche il modo di collegare le due opere del dittico in un destino comune, con trovate e colpi di scena di effetto sicuro.
GIORGIO PESTELLI su La Stampa