Il chiostro di San Domenico, sede dell’accademia del Belcanto Rodolfo Celletti, ha fatto da splendida cornice a questa bella messa in scena del capolavoro di Claudio Monteverdi dove il direttore d’orchestra e maestro al cembalo Antonio Greco ha diretto l’ensemble strumentale “Cremona Antiqua”, per la prima volta presente a Martina Franca, riuscendo a ricreare le atmosfere del periodo del compositore, quando queste opere venivano rappresentate non nei teatri bensì nelle corti dei palazzi signorili. La sua direzione è indubbiamente filologica, sebbene per motivi drammaturgici la partitura sia stata ridotta di un buon terzo, e abbia spesso indugiato in tempi allargati a discapito del ritmo teatrale. Il continuo cambio di strumenti da parte degli orchestrali ha creato un po’ di confusione, catturando a volte l’attenzione dello spettatore a discapito dell’azione drammaturgica, visto che l’orchestra è stata integrata nella scena ed era rivolta verso il pubblico. Comunque il Maestro Greco è riuscito a sostenere una compagnia di cantanti molto giovani, alcuni debuttanti, che hanno dimostrato un alto livello.

La messa in scena è stata affidata a Gianmaria Aliverta, giovane talentuoso regista apprezzato e seguito da circa quattro anni nei teatri minori milanesi dove ha proposto con entusiasmo un cartellone impegnativo, ma in formato “low cost”. A lui l’incarico della riduzione drammaturgica e di offrire, nuovamente, un bell’allestimento a costo quasi zero, la sua “specialità”. Ciò ha messo ulteriormente in evidenza che si può fare bene, ottenendo alti livelli qualitativi, spendendo poco. Soprattutto se si pensa a tanti allestimenti costosi, dai risultati più che discutibili, che si vedono in teatri blasonati e premiati da ricche sovvenzioni. La semplice scena, realizzata da Raffaele Montesano, ha intelligentemente sfruttato la suggestiva atmosfera del chiostro. Si è incentrata sul balcone a cui si affacciava Poppea, riprendendo quelli in stile barocco ed infiorati caratteristici del meraviglioso centro storico della cittadina pugliese, posizionato in angolo. Una serie di cubi, di varie dimensioni che i personaggi aprivano e spostavano a seconda delle esigenze, fornivano il pretesto all’azione, che si è svolta in uno spazio davvero contenuto; i costumi realizzati da Alessio Rosati si sono fatti ammirare per la loro eleganza e nello stesso tempo per la capacità evocativa nel caratterizzare i personaggi. Aliverta è stato abilissimo nel trovare ad ognuno una precisa identità: per esempio dando ad Ottavia un’immagine funerea opposta sia alla esuberante sensualità della protagonista, che alla dolcezza ingenua di Drusilla. È forse mancato il tocco sensuale, motore trainante della vicenda, soprattutto nel rapporto fra Nerone e Poppea, ma anche in quello fra Ottone e Drusilla. In ciò il regista è parso frenato, forse a causa dei ruoli en travesti, per cui avendo a che fare nelle coppie con sole interpreti femminili è mancata buona parte di quell’eros che il solo nome di Poppea evoca.

Ne è emersa, nel ruolo della protagonista, il soprano spagnolo Quiteria Muñoz Ingladache ad una bellissima presenza ha unito una voce pulita. limpida negli acuti e con l’ottimo fraseggio ha reso benissimo il personaggio dell’arrivista Poppea. Accanto a lei il mezzosoprano Shaked Bar è stato molto convincente nell’interpretare un Nerone spavaldo ed arrogante, palesando una voce corposa nel centro e svettante nell’acuto. Di pari livello anche Francesca Sartorato, che ha dato vita alle contraddizioni che animano il personaggio di Ottone, con energia virile e voce calda, ambrata ben centrata nelle note gravi, perfettamente amalgamata a quella dolce e suadente del soprano Tal Ganor, seducente Drusilla.

Convincente e molto ben caratterizzata l’intrigante Arnalta di Margherita Rotondi così come Anna Bessi nella parte triste e cadaverica di Ottavia. Brave nel prologo, che ha supposto una sorta di Flash Mob tra il pubblico, Graziana Palazzo e Daniela Milanese rispettivamente Fortuna e Virtù.

Fra gli uomini si è fatto ammirare il basso Nicolò Donini nel ruolo di Seneca che ha reso appieno il personaggio dello stoico precettore dell’Imperatore. Accanto a lui Vlad Alexandru Robu e Vittorio Dante Ceragioli hanno dato vita ai soldati della guardia di Nerone. Kristian Lindroos è stato un baldanzoso e brillante Mercurio. Una nota a parte merita la divertente Nutrice del baritono Giampiero Cicino che a distanza di tre anni dalla sua interpretazione quale Venere nell’Orfeo torna a vestire a Martina Franca un ruolo en travesti con grande successo.

Spettacolo molto apprezzato dal pubblico che nel corso delle 5 serate ha sempre esaurito i posti del chiostro, dove è sceso in campo durante il prologo pure il Presidente del centro artistico e musicale “Paolo Grassi”, Franco Punzi con una naturalezza esemplare nel siparietto che ha aperto la serata.

Domenico Gatto su I Teatri dell’est

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