Posto il fatto che comunque Gianmaria Aliverta dà il meglio di sè se si può esprimere libero da schemi dettati dalla tradizione, anche “la Traviata” andata in scena il 17 Aprile u.s. al Teatro Filodrammatici di Milano è stato uno spettacolo godibilissimo e di buon gusto.
Nell’angusto spazio fornito dal palcoscenico dei Filodrammatici, la facevano da padrone i bellissimi costumi settecenteschi artigianali ideati e materialmente realizzati dal bravissimo Simone Martini che con soli 500 euro ha fatto, a mio avviso, miracoli.
Per i cortigiani, trucco e costumi in bianco e nero tra i quali spiccavano i sontuosi e coloratissimi vestiti dei protagonisti della vicenda.
Essenziali ma eloquenti i pochi elementi in scena.
Registicamente Aliverta si è attenuto all’ambientazione settecentesca della prima versione verdiana.
Così i movimenti scenici sono quelli improntati alla tradizione e perfettamente attinenti al libretto di Francesco Maria Piave. L’intera vicenda appare come una sorta di flash back o una sorta di sogno espresso durante le battute finali dell’introduzione musicale da alcuni personaggi che si aggirano per la scena stupiti e ammirati dal ritrovamento di alcune suppellettili e vestiti chiaramente provenienti dal passato. Da qui parte il classico racconto della storia d’amore tormentato e impossibile tra Violetta, cortigiana (nell’accezione cinquecentesca del termine) malata di tisi e Alfredo giovane rampollo della borghesia parigina.
Unico neo, a mio avviso, è la resa poco convincente del coro delle zingarelle e dei mattadori che, evidentemente per problemi di spazio, è risultata piuttosto statica anche nella gestualità.
Dal punto di vista musicale nulla da eccepire.
Conosciamo ormai bene le capacità di Filippo Pina Castiglioni (Alfredo) che ha cantato con la consueta sicurezza dettata dalla frequentazione trentennale dei palcoscenici.
Anche la Violetta di Marianna Prizzon (già Violetta al Teatro Nuovo di Milano nel Dicembre scorso sempre con la regia di Aliverta) ha cantato con molta partecipazione e rendendo i tormenti e la sofferenza del personaggio in modo molto intenso.
Orazio Mori come papà Gérmont ha cantato evidenziando una voce ancora molto presente, fraseggiando con nobiltà di accento e tratteggiando efficacemente le sue convinzioni borghesi risultando al contempo comprensivo verso Violetta e consapevole del sacrificio che chiede.
Tutti molto giovani invece i personaggi di contorno che si sono dimostrati all’altezza dei loro ruoli: la Annina di Barbara Massaro, la Flora di Manuela Dimartino, il Gastone di Mattia Rossi, il Barone Douphol di Fabio Midolo, il Marchese d’Obigny diJaime Eduardo Pialli il Dottor Grenvil di Victor Sporyshev, il Giuseppe di Vittorio Dante Ceragioli e infine il domestico di Flora, Gabriele Faccialà.
Il coro (tutti elementi in gran parte molto giovani), come di consueto, ha dimostrato di essere se pur a ranghi ridotti , ben preparato e in grado di dare un’ottima resa complessiva.
Buono l’apporto del trio d’archi più pianoforte che completavano la compagine musicale sotto la convincente direzione di Margherita Colombo visibilmente “in attesa”; va aggiunto che per l’occasione gli strumenti erano accordati a 432 Hz, ossia la frequenza prevista dal tanto dibattuto La verdiano.
Il pubblico presente ha decretato molti applausi alla volta di tutti. Last but non least da segnalare il completo sold-out della serata. Altre due recite in versione “moderna” e con cast alternatvi completano la messa in scena di questa Traviata.
Susanna Toffaloni su Operaclick
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