Arti e mestieri. Nella regia lirica siamo un paese per giovani

La crisi ha insegnato a cercare nuove vie e soluzioni, anche al di fuori dei teatri. Cinque trentenni maestri del palcoscenico raccontano come pensare in modo nuovo (e sostenibile) l’opera.

L’idea è quella della bottega. «Perché il mestiere di regista si impara sul campo », concordano Fabio Ceresa e Federico Grazzini. Un luogo dove ci si sporca le mani con il lavoro, quello artigianale, «facendo non solo il regista, ma anche l’attrezzista, il macchinista e a volte pure il bigliettaio» racconta Gianmaria Aliverta. «Oppure lo scenografo», sorride con le mani sporche di vernice Fabio Cherstich. Perché «va bene la teoria, ma quello che serve davvero è il confronto con il palcoscenico», interviene Nicola Berloffa. Cinque nomi, la nuova generazione dei registi lirici italiani: 33 anni il più giovane, 36 il più anziano. «A 35 anni in Italia sono considerato un regista giovanissimo mentre per Paesi come la Germania o l’Inghilterra non lo sono affatto», spiega Federico Grazzini, nato a Fiesole nel 1982 e un diploma alla Paolo Grassi di Milano.

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Quando l’opera si fa resiliente

Fondatore dell’associazione VoceAllOpera, cantante e regista, Gianmaria Aliverta cerca di avvicinare il pubblico al melodramma, portando l’opera fuori dai soliti teatri.

Come immaginate un’opera resiliente? Capace di adattarsi al cambiamento, forse. Di far fronte all’esiguità di mezzi e alle varie criticità del settore con positività. Di trovare opportunità di rinascita e nuovo slancio. Ecco, in periodo di low cost, anche l’opera si adegua. Un’opera anticonformista e in qualche misura rivoluzionaria, così si potrebbe definire quella proposta da, trentatreenne milanese, regista, ma prima ancora cantante lirico. Alla domanda “come diffondere la cultura dell’opera oggi?” risponde proponendo questi e altri ingredienti. Parola d’ordine in sintesi: coinvolgere. Quanto al pubblico poi, l’idea è di rivolgersi non solo a chi può permettersi costosi biglietti ma anche, e soprattutto, a chi ha meno familiarità con le poltroncine di velluto. Per quanto riguarda gli aspetti legati alla produzione, poi, la sua scommessa è puntare sui giovani alle prime armi, desiderosi di cimentarsi con la difficile arte del teatro d’opera. Queste le premesse da cui parte l’ambizioso progetto del Presidente dell’Associazione milanese VoceAllOpera Aliverta. Continua a leggere

Gianmaria Aliverta: preferisco la musica senza microfoni e riverberi

Gianmaria Aliverta, classe ’84. Dopo gli studi di canto e di arte scenica a Milano, poi al conservatorio di Trapani e a quello di Bergamo, nel 2011 crea a Nebbiuno – un piccolo paese sulla sponda piemontese del lago Maggiore – VoceAllOpera, l’associazione per la promozione della musica lirica, con la quale inizia la sua carriera di regista e impresario operistico. Nel 2012 il teatro milanese Rosetum – storicamente legato ai nomi di Maria Callas e di Magda Olivero – gli affida la direzione della stagione lirica che si chiude il 26 maggio con “Il Trovatore”.

Con molta probabilità, al momento, è il più giovane regista d’opera in Italia.

Non è un segreto che in Italia, soprattutto tra i giovani, l’opera è catastroficamente impopolare.
«Uno dei motivi di questa triste situazione è sicuramente la quasi totale scomparsa dalle città di provincia dei teatri lirici minori. I cittadini hanno perso la loro abitudine di andare all’opera, mentre i giovani cantanti non hanno più un posto per debuttare. Certo, esistono dei circuiti che, almeno sulla carta, garantiscono loro la possibilità di esibirsi. Tuttavia, spesso si tratta di concorsi internazionali, difficili da vincere, con il repertorio non sempre adatto a tutte le tipologie di voce».
Per superare il problema tu ti sei mosso in autonomia, creando un’associazione e allestendo le opere tra i castelli e le chiese dell’Alto Vergante…
«Abbiamo creato VoceAllOpera, da un lato, per rendere l’opera più comprensibile a tutti e quindi più amata e, dall’altro, proprio per aiutare le nuove leve a farsi conoscere. Non solo i cantanti, ma anche giovani registi, musicisti, scenografi e tutto il personale che viene impegnato nella creazione di questo genere di spettacoli.  Per farlo abbiamo deciso di non aspettare che il pubblico venga da noi, ma di portare le rappresentazioni in mezzo alla gente, creando allestimenti itineranti tra dimore storiche, palazzi e castelli. Rispetto al teatro tradizionale questo tipo di ambientazione sicuramente permette allo spettatore di sentirsi più partecipe verso gli avvenimenti sul palco, di viverli di più e, di conseguenza, di essere forse un po’ meno esigente nei confronti dei cantanti, soprattutto quelli giovani, che noi vogliamo aiutare».
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